Da quando è cominciata l’emergenza coronavirus non si fa che parlare di mascherine e l'utilizzo massivo rischia comunque di lasciare scoperte ancora parecchie categorie, a partire da chi ne ha effettivamente bisogno.
È così che ormai da qualunque parte ci si è attivati: Irene Coppola sarta, nel suo laboratorio di Gallipoli ne ha cucite e regalate più di mille, Grafica Veneta, case editrice che ne ha stampate e distribuite 2 milioni per fare qualche esempio
Non sono prodotti chirurgici, ovvio, ma il più delle volte “semplici” schermi protettivi monouso
Gli ultimi sono i casi di Calzedonia e di Prada
Dall’inizio dell’emergenza, il gruppo tessile veronese Calzedonia ha dapprima chiuso tutti i punti vendita delle zone rosse e poi quelli di tutta Italia, anticipando i decreti del governo.
Ora, due stabilimenti – quello di Avio, in provincia di Trento, quello di Gissi, a Chieti, e quelli in Croazia, sono riconvertiti alla produzione di mascherine, si mira ad almeno 10.000 mila al giorno, e di camici per il personale sanitario.
Una conversione resa possibile sia grazie all’acquisto di macchinari speciali per la creazione di una linea semi-automatica, sia formando le cucitrici al nuovo tipo di produzione.
Anche Prada si è attivata a sostegno della richiesta di aiuto della Regione Toscana. Qui, la casa d’alta moda consegnerà 80.000 camici e 110.000 mascherine.
Tutte realizzate in tempi record (considerate che l’azienda ha avviato la produzione il 18 marzo) sono da destinare al personale sanitario e realizzate presso l’unico stabilimento del Gruppo rimasto operativo a questo scopo e da una rete di fornitori esterni sul territorio italiano. Il piano prevede consegne giornaliere che saranno ultimate in data 6 aprile.